Sovere – Il Parco dei laghi fossili
Ricostruire il clima e gli ambienti antichi
Preparare la visita
Cosa c’è da vedere/per approfondire
Lo studio della formazione costituita dai sedimenti che si depositarono nel lago di Pianico-Sèllere può fornire molte informazioni sul clima e l’ambiente pleistocenici.
Una delle pareti esposte dall’erosione causata dal passaggio nella valle del torrente Borlezza presenta una sequenza di sedimentazioni annuali, dette varve, per un totale di 20.800 anni. Queste varve sono composte da coppie di strati originati da depositi stagionali, di colore chiaro per la stagione calda e di colore scuro per quella fredda.
Normalmente i livelli appaiono bianchi-giallognoli, perché le varve sono formate da una lamina bianca molto più spessa di quella nera; lo spessore della lamina bianca dipende dalla quantità di carbonato di calcio precipitato dall’attività delle alghe che popolavano il bacino, che a sua volta dipende dalla temperatura nella stagione calda.
Tuttavia, osservando la parte media del Banco, si distingue un intervallo più scuro, che prende il nome di “Banda di varve scure”. Questa fascia, dello spessore di 40 cm, comprende 1080 varve in cui la lamina chiara è molto sottile e quindi è quella scura a dare il colore a tutto il pacco: verosimilmente in questi 1080 anni le estati sono state più fredde.
La storia delle foreste e la composizione geochimica dei carbonati hanno confermato questa ipotesi: circa 779.000 anni fa, nel giro di sole 30 varve, vale a dire 30 anni, le foreste miste di latifoglie e abete bianco che circondavano il lago scomparvero e al loro posto si insediarono boschi di pino e abete rosso. Il limite degli alberi sulle montagne si abbassò fino ai 1200-1400 metri s.l.m., come se il clima di Sovere si trasformasse in quello di un paese di montagna. Come conseguenza di questa catastrofe ecologica vi furono innumerevoli frane e valanghe che finirono nel lago, rimuovendo i fanghi sui pendii del fondo e facendoli scivolare, arricciando pacchetti di varve ancora plastiche e ripiegandole a formare disegni fantastici.
Attività per i bambini
Ciao. Sono Akut, sono un antenato dei cervi che conosci tu e vivevo 700.000 anni fa in val Borlezza. Anche se io e i miei simili ci siamo estinti da migliaia di anni, oggi ti posso raccontare la mia storia.
In un tempo lontano
Vi piacciono le mia corna ramificate? Belle e imponenti vero? Nessun lupo si sognava di attaccare un maschio adulto come me, soprattutto quando eravamo in branco.
Certo il paesaggio era molto diverso: immagina che qui ci fossero boschi di querce e anche un piccolo lago, che oggi è scomparso. Purtroppo un giorno sono scivolato nell’acqua e non sono più riuscito ad uscire. Il mio scheletro però si è conservato grazie al fango che si era depositato sul fondo. Così, tanti secoli dopo, mi hanno ritrovato. Insieme a me si sono conservati anche moltissimi altri animali, e poi foglie e frutti che hanno permesso di ricostruire l’ambiente nel quale vivevamo.
Questa storia la potrai leggere anche tu sulle pareti della gola che il torrente Borlezza ha scavato a Sellere. E se vuoi venire a trovarmi, mi potrai vedere al Museo di Scienze Naturali di Bergamo.
E adesso giochiamo!
Il lago fossile
La vedete questa parete alta circa dieci metri? Non è mica come le altre. Se guardate bene potete riconoscere una serie di sottilissimi strati di colore diverso: sono come le pagine di un grande libro e raccontano la storia di un lago che esisteva qui tantissimo tempo fa. Ogni anno nel lago cadevano il polline delle piante, foglie, legni, insetti e a volte anche alcuni animali più grandi, come me. Tutte queste cose rimanevano intrappolate nel fango del fondale, che col tempo si è indurito ed è diventato roccia, conservando tutto ciò che conteneva. Poi il lago si è prosciugato, ma il fondale tramutatosi in roccia è rimasto e il torrente che scorre qui oggi ha iniziato piano piano a scavarlo.
Gli strati scuri della parete sono il risultato dei materiali che si depositavano sul fondo del lago nella stagione fredda, mentre gli strati chiari sono i depositi della stagione calda, due per ogni anno. Avete provato a contarli? Sono tantissimi, roba da mal di testa. Ma gli studiosi, che vengono da tutto il mondo e ci lavorano da anni, ci sono riusciti: sono 41.600, che diviso due quanto fa? Dai, ve lo dico io.. 20.800, corrispondenti agli anni di vita del lago che possiamo leggere su questa parete. Ma il lago è anche più vecchio, solo che qui si vede solo un pezzetto di tutta la sua storia.
Tutti i resti degli esseri viventi contenuti nella parete di roccia si chiamano fossili e ci aiutano a capire com’erano l’ambiente e il clima di 700.000 anni fa, quando anch’io vivevo qui: per esempio ci possono dire che tipo di alberi crescevano qui intorno.
Per vedere bene gli strati e i fossili bisogna andare vicino, ma il loro studio è un lavoro di grande pazienza e abilità, spesso si usa il microscopio per non perdere nessuna informazione, neppure la più piccola!
E adesso giochiamo!
La grande eruzione
Un giorno gli animali che abitavano sulle rive del lago videro arrivare grandi nubi scure da dove tramonta il sole.
Non portarono pioggia ma depositarono su tutto una sottile polvere grigia scura. Dopo qualche giorno non c’erano più il verde delle foglie, il marrone della terra o l’azzurro del cielo. Era tutto grigio e c’era un odore diverso che prendeva alla gola..
Durò molti giorni e fu un brutto periodo: molti facevano fatica a respirare, era difficile trovare l’erba e i germogli da mangiare, i fiori erano appassiti. Anche l’acqua del lago era coperta di questa polvere.
Poi, così come era arrivato, tutto finì. Caddero le piogge, un vento soffiò da dove nasce il sole e un po’ alla volta tutto tornò come prima.
Come hanno fatto gli studiosi a scoprirlo? Perché tra tutti gli strati della grande parete, uno li ha incuriositi molto. Era diverso dagli altri, si trattava di un livello grigio che a contatto con l’aria diventava rosso, per via del ferro contenuto.
Era uno strato di cenere che gli studiosi chiamano “tefra” creato dall’eruzione di un vulcano molto lontano, che era stato trasportato dai venti qui, a tantissimi chilometri di distanza.
E adesso giochiamo!